Come faccio? E’stata la prima domanda che mi sono posta quando il Covid19 ci ha chiusi in casa. O meglio, mi ha chiusa in casa costringendomi a gestire quasi da sola: figli, lavoro, colazione spuntino pranzo merenda cena, panni da piegare e da stirare, lavatrici, lista della spesa. Per restare sull’essenziale. Marito fuori per lavoro fino al tardo pomeriggio. Visite vietate. Sola: io con loro due. E tutto il resto. Alla primissima fase di disperazione è seguito il pragmatismo. Fare, organizzare, incastrare. Poi, a momenti alterni: entusiasmo, scoramento, stanchezza, fierezza, ansia, forza, paura. Gestire tutto è stato – ed in parte lo è ancora, ma l’allentamento delle restrizioni allevia il tutto – un’altalena di emozioni. Sbalzi di umore che neppure in gravidanza. Soluzioni pratiche e consolazione emotiva: queste le grandi ricerche della fase “chiusi in casa per forza”.

Come tantissime colleghe mamme/lavoratrici ho cercato e letto di tutto: articoli di esperti, post di super mamme, consigli di donne e uomini che sembrano saperne una più del diavolo su come organizzare la vita tra quattro mura fra bambini e lavoro. E spesso, lo confesso, mi sono sentita inadeguata. E lontana da quegli standard che – diciamocelo – possono solo essere teorici. In un articolo, addirittura, si parlava di quattro o cinque “semplici mosse” per gestire casa e smart working senza trascurare: i bisogni dei bambini, la corretta alimentazione, l’igiene dell’abitazione, le relazioni con l’esterno, la qualità del lavoro, il proprio corpo, il rapporto di coppia! Ecco, state ridendo? Io ancora sì. E se ad una prima lettura ho pensato: “ok, si si, infatti, può essere una soluzione, giusto, perché non ci ho pensato?”, a mente fredda ho realizzato che tra il dire e il fare…altro che mare!

Col passare dei giorni ho pianificato una organizzazione quasi da caserma (almeno sugli orari della giornata), che probabilmente è l’unico modo per poter gestire il tutto alla meno peggio. Ma è indubbio ed empiricamente provato che molto di ciò che si vorrebbe/dovrebbe fare resta fuori dalla nuova routine famigliare. E, come quando si fa la spesa e si ha un budget limitato, si deve tagliare da qualche parte: via il superfluo. Che, per le mamme, significa tagliare soprattutto su se stesse. E ciò che non si taglia si velocizza al massimo (la doccia è l’esempio principe).

L’altro taglio, doloroso ma in alcune giornate necessario, è sulla sana alimentazione. Sì, in tanti ci siamo dedicati a ciambelloni e pizze fatte in case. Persino io! Ma la vecchia cara merendina, l’intramontabile succo di frutta pieno di zuccheri, il coloratissimo quanto deleterio lecca lecca….mi hanno spesso concesso la libertà di fare una telefonata in tranquillità, scrivere un articolo senza un sottofondo del tipo “mammamammamammamamma…”, fermarmi cinque minuti a meditare sull’universo.

Altro taglio, anch’esso doloroso quanto necessario talvolta, è quello del gioco con la mamma. E’bellissimo fare cose coi miei figli ma il tempo e le energie, quando si lavora da casa, non sono mai abbastanza. Così se per me è smart working, per loro…pure ma in versione baby: tutti insieme nello studio! In particolare io e Alice, la più grande, ci siamo create uno spazio comune (ideale e reale) dove ognuno in fondo fa il suo lavoro. Che per me è scrivere, per lei è giocare. Ci teniamo d’occhio a vicenda, lei mi fa domande e io ne faccio a lei: pur nella concentrazione delle rispettive attività, teniamo un canale aperto e costante. Probabilmente i pedagogisti inorridiranno, ma è il meglio che riusciamo a fare. Ah, sullo sfondo c’è Davide, il piccolo, 15 mesi. Buono, tranquillo, innamorato della sorella, che non è proprio silenzioso nei suoi giochi ma ormai il caos provocato da roba che cade, oggetti che suonano, fischiano, strombazzano sono la colonna sonora delle mie giornate. Non è poi, o almeno non è più, così drammatico lavorarci. Quando le cose con lui si complicano per denti in uscita o irrequietezza post vaccino, a salvarci arriva il marsupio! Il babywearing mi ha salvato e facilitato la vita come null’altro.

E poi c’è la Tv. Che talvolta, quando è spenta, la guardo e la ringrazio di esistere. Quando i miei figli sono entrambi lì davanti i sensi di colpa sono enormi. E per sentirmi meno degna del premio “mamma peggiore dell’anno”, scelgo filastrocche e canzoncine per bambini: c’è, ad esempio, “Bob il Treno”. Loro lo adorano. Io me lo sogno persino la notte! Però, almeno, canta numeri, alfabeto, forme geometriche, frutta, verdura…insomma…ha un che di didattico.

Così – a grandi linee – siamo sopravvissuti, e stiamo sopravvivendo, a tutto ciò.

La sera alle 21 i piccoli sono a letto; la mattina alle 6.30 siamo già tutti svegli. Ritmi serrati, salti mortali, ansie, senso di inadeguatezza, paura di fare errori irreparabili per la loro crescita. Ma anche tanto amore ed una scoperta: la pazienza, mia e loro. E poi…coccole, disordine, solletico sul lettone, cioccolatini “segreti” mangiati di nascosto dal papà, hamburger veloci per la cena con il doveroso “sì puoi mettere un po’ di ketchup e maionese”, collegamenti online settimanali con la classe di Alice, collage, balletti e musica ad alto volume durante la preparazione della cena.

Un bel caos che non può avere regole rigide, ma al massimo due o tre punti di riferimento per non perdere la bussola quotidiana. Ad esempio alle 8.30 del mattino siamo tutti vestiti e lavati; pranzo, cena e colazione si fanno sempre insieme; il pisolino pomeridiano non ammette deroghe. Direte: “eh grazie, le basi proprio!”. Sì infatti…ma su queste si costruisce giorno per giorno.

Ps: nella foto in alto, Alice al lavoro; nella foto in basso, dal titolo “giornalismo estremo”, lo smart working con Davide nel marsupio che se la dorme dopo uno dei suoi momenti difficili.

VM