Non ce lo scorderemo questo 2020. Ora che è agli sgoccioli, ora che ha i minuti contati, il bilancio si fa amaro. E la voglia di guardare di oltre, di saltare “di là”, spinge forte sui cuori e sulle speranze di tutti.

Il 2020 se ne andrà in modo anomalo, almeno per i più. Niente cenoni, niente trenini, niente concerti, niente fuochi di artificio. Giusto qualche brindisi in quella intimità casalinga che questo anno ci ha forzatamente spinto a conoscere, riconoscere, riscoprire. La tv accesa, una chat di gruppo da bombardare, videochiamate affollate per stare comunque insieme. E qualcuno, forse, neppure aspetterà la mezzanotte.

Va in archivio un anno indiscutibilmente indimenticabile. Per l’intera umanità. Fare un bilancio forse non ha molto senso. E fare un elenco delle cose negative è facile. Abbiamo visto e vissuto cose al limite della credibilità.

Resterà nella memoria e nella storia come l’anno della pandemia, del Covid19, del virus che ha fatto il giro del mondo mettendo in ginocchio milioni di persone. L’anno delle restrizioni, delle libertà negate, delle mascherine, della ricerca di un vaccino.

Il 2020 ci ha rifilato dolore, fatica, paura. E ce li ha sparati dritti in faccia, senza troppa delicatezza. Senza chiedere permesso ha stravolto, riscritto, scompigliato, squarciato le vite di ognuno. Di cose brutte quest’anno ne abbiamo viste tante, troppe: le bare avvolte nel silenzio assordante di città deserte; i malati stretti nella solitudine più dolorosa; gli anziani isolati nelle case di riposo; gli adii senza carezze. E poi i numeri: numeri su numeri di positivi e negativi, di vivi e di morti. Bollettini di guerra ai quali ci siamo amaramente abituati. E abbiamo visto la povertà, la durezza della malattia che era malattia anche prima del Covid19, le case diventate gabbie di morte e violenza per donne vittime di uomini indegni.

Il 2020 ci ha mostrato con crudezza tutto questo e non solo. Ho visto, in questi mesi lenti e faticosi, spregiudicati essere ancora più spregiudicati; sfruttatori trovare nuovi canali di sfruttamento; furbetti ingegnarsi per esserlo ancor più (sulla pelle della collettività e dei più deboli). E poi: tuttologi, sapientoni, negazionisti, no vax, chiacchieroni, leoni da tastiera, presenzialisti e palloni gonfiati. Insomma, non ci siamo fatti mancare nulla.

Eppure…eppure qualcosa si salva.

Quello che è stato il 2020, come per ogni anno che ci lasciamo alle spalle, non finirà il primo gennaio 2021. Ce lo porteremo dietro a lungo questo anno. Forse per sempre. E allora accendiamo i riflettori sull’altra faccia del 2020. Su quello che di bello e buono vogliamo e dobbiamo trascinarci nel domani. Perché in tutta la sua complessità e tragicità, qualche segnale di luce in questi dodici mesi c’è stato.

Ho visto, ad esempio, anziani lottare come leoni e non arrendersi all’isolamento e alla malattia

ho visto bambini inventarsi spazi, giochi e divertimenti fra quattro mura

ho visto insegnanti e dirigenti scolastici reinventarsi digitali e fare i salti mortali per essere vicini ai loro bambini e ragazzi

ho visto persone povere donare un po’ del proprio pane a chi era ancora più povero

ho visto piccole e grandi associazioni sempre presenti per tendere una mano, o la spesa, o i farmaci o un sorriso

ho visto cuochi coi ristoranti chiusi cucinare con amore nelle mense per i bisognosi

ho visto caffè sospesi, colazioni sospese, spese sospese

ho visto professionisti del mondo della cultura combattere per riconquistare spazi e donare il loro sapere con generosità

ho visto operatori sanitari accarezzare mani malate e diventare messaggeri d’amore e speranza fra pazienti e famiglie

ho visto piccoli commercianti reinventarsi corrieri, consulenti, confidenti

ho visto giovani imprenditori lanciarsi in nuove avventure con determinazione e speranza

ho visto colleghi giornalisti correre, scrivere, collegarsi, ammalarsi, piangere e poi correre ancora

ho visto sindaci tenere insieme comunità spaventate con una presenza solida e instancabile, come veri servitori dello Stato

ho visto uomini e donne in divisa portare un sorriso a persone sole

ho visto donne fragilissime e fortissime affrontare da sole il parto, e ridere e piangere, e stringere i denti e sciogliersi nell’abbraccio di una nuova vita.

Ho visto tanta solidarietà, tanti combattenti, tanto coraggio. E, sul finire, il vaccino che dà un forte segnale di speranza. E questa faccia, l’altra faccia del 2020, non possiamo e non dobbiamo dimenticarla.

Tutto questo Bene dobbiamo portarlo con noi perché si consolidi nel nostro futuro, diventi parte della nostra quotidianità, ci renda persone migliori, faccia del mondo un posto più accogliente, giusto, solidale, concreto.

NB. Ho scelto per questo articolo la foto di Claudia Alivernini, l’infermiera che per prima in Italia il 27 dicembre scorso a Roma è stata vaccinata contro il Coronavirus. La sua immagine come simbolo di speranza, forza e fiducia nel domani, nonostante gli imbecilli.

BUON 2021!

VM