Abruzzo…che tristezza! Abruzzesi…che super tristezza! E lo dico da abruzzese, dopo aver visto gli spot coi quali la mia regione ha scelto di promuoversi quest’anno. Quattro, finanziati dal Corecom, divulgati tramite i mezzi di informazione abruzzesi. Cioè, ci facciamo la pubblicità a casa nostra. E già questo, di per sé, è singolare. Ma passi. Li avete visti? Io purtroppo sì, tutti. Vi invito a farlo: sul sito del Corecom trovate i video, le ragioni e i costi della campagna pubblicitaria.
Una campagna che incarna perfettamente tutti, ma proprio tutti, gli stereotipi legati alla gente d’Abruzzo. Se le immagini raccontano l’evidente bellezza del territorio (e lì sbagliare è impossibile!), le storie raccontano altro. Un “altro” che da abruzzese non solo non mi piace, ma non mi fa neppure ridere. Anzi. Per chi non ha preso visione degli spot, la sintesi è agevole. Una regione straordinaria, cibo strepitoso, gente cafona, grezzotta, con grossi problemi con la lingua italiana, maldestra e con la battuta pronta ma che non suscita ilarità. Questo è. Questo siamo. E ci piace pure dircelo fra noi in tv!
Ma non riusciamo proprio a raccontarci una storia diversa? A guardarci e descriverci in modo diverso? Che poi, quel diverso, sarebbe pure la realtà. Noi no. Continuiamo con quegli stereotipi che non dicono più nulla, perché ampiamente superati da una società che – incredibile ma vero – intanto è cambiata. Persino in Abruzzo. Ammesso che sia mai stata davvero così come ci raccontano gli spot!
Ma per promuovere il patrimonio culturale, enogastronomico, paesaggistico che abbiamo dobbiamo per forza fare i simpatici cafonetti?
Che tristezza!
In uno spot c’è un tizio che con la bottiglia di birra in mano “perseguita” armato di arrosticini una conduttrice che tenta di spiegare le bellezze abruzzesi. Con faccia da tonto (con tutto il rispetto per l’attore che interpretata egregiamente la parte che gli hanno chiesto), sguardo fra l’ubriaco e il “non so dove sto”, importuna la giovane divulgatrice al punto che lei alla fine non spiega nulla. Ma davvero non siamo in grado di raccontare la tradizione e la bontà che si celano dietro ad uno dei simboli dell’enogastronomia locale? Ma davvero dobbiamo ostentare un dialetto “italianizzato” per apparire genuini e simpatici? Ma il riferimento alle supposte fa veramente ridere in uno spot promozionale di un territorio?
Le cose vanno raccontate bene. Le parole sono importanti, ammoniva Nanni Moretti in un celebre film. Perché poi quelle parole, a forza di ripetercele, diventano vere anche se non lo sono.
I dialetti sono un tesoro da custodire, sono memoria e valore. Perché farne strumento di mera ilarità? I piatti abruzzesi raccontano una terra generosa che continua a esserlo grazie alla fatica e all’amore di vecchi e giovani contadini. In un prodotto abruzzese c’è la storia di un territorio, della sua gente, del suo sentire. Perché ridurre tutto a concetti quali “qua si mangia sempre e tanto” o “l’arrosticino si cucina sulla fornacella” o “siamo un po’ grezzotti ma simpatici e generosi tanto che a te uomo del Nord regaliamo tanti buoni prodotti da metterti in valigia”? Eppure, da queste parti, di chef stellati ce ne sono; di uomini e donne che hanno dato e continuano a dare grandi contributi alla cultura, all’economia, alla crescita del Paese sotto il profilo legislativo, sportivo e scientifico, ne abbiamo a iosa. Noi nei nostri spot ce ne freghiamo. Altri, come i vicini cugini marchigiani, no. Chissà perché.
È evidente che questi spot non rispecchiano la vera realtà dell’Abruzzo che è tanto, ma tanto di più.
Ed è anche evidente che chi ha ideato, chi ha approvato e quindi fatto pagare è qualcuno che ragiona e agisce solo per la pancia, limitandosi alle rustelle.
Di arte, cultura, storia, paesaggi mozzafiato, borghi, Abbazie, flora e fauna che fanno invidia all’Europa intera, della straordinaria varietà gastronomica che va dal mare alla montagna attraversando le belle colline, dei vini apprezzatissimi in tutta l’Italia e oltre, dell’accoglienza genuina della gente e tanto altro ancora, costoro non sanno nemmeno di che si parla.
Noi cittadini d’Abruzzo ci dissociamo da questa “cafonata” ricca solo di pochezza di tutto.